La tua mortadella preferita potrebbe non essere quello che credi, ecco come smascherare l’inganno in 30 secondi

Quando acquistiamo la mortadella al supermercato, raramente ci soffermiamo a scrutare con attenzione ogni dettaglio dell’etichetta. Il formato in offerta, il prezzo vantaggioso, la confezione che richiama i colori della tradizione italiana: tutto sembra suggerire un prodotto genuino e locale. Eppure, dietro quella fetta rosata si nasconde spesso una verità che molti consumatori ignorano completamente. Per i prodotti a base di carne trasformata come la mortadella, la normativa europea non impone sempre l’indicazione obbligatoria del Paese di origine della carne, a differenza delle carni fresche, refrigerate o congelate, per le quali l’origine è obbligatoria in etichetta. Questo fa sì che la carne utilizzata possa provenire anche da paesi extra-UE, pur essendo il prodotto finito lavorato e confezionato in Italia.

L’inganno nascosto tra le pieghe dell’etichetta

Il fenomeno dell’origine poco evidente rappresenta una delle criticità più discusse nel settore alimentare contemporaneo. La normativa europea sull’informazione al consumatore richiede che le informazioni obbligatorie siano facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili, ma non vieta che alcune informazioni siano riportate sul retro o in caratteri relativamente piccoli, purché rispettino le dimensioni minime di legge, ovvero un’altezza di almeno 1,2 mm per confezioni standard. Le aziende possono quindi collocare l’indicazione di eventuale origine delle carni in posizioni meno evidenti, pur restando formalmente in regola.

Nel frattempo, sulla parte frontale campeggia spesso la dicitura “prodotto in Italia” o altre indicazioni simili. Secondo il Regolamento UE 1169/2011 e la giurisprudenza della Commissione europea, espressioni come “prodotto in Italia” o “made in Italy” indicano in primo luogo il luogo di ultima trasformazione sostanziale dell’alimento, non necessariamente l’origine di tutte le materie prime. Ne consegue che una mortadella può essere lavorata in uno stabilimento dell’Emilia-Romagna utilizzando carni provenienti da altri Paesi e riportare comunque in etichetta riferimenti alla lavorazione italiana, purché ogni dicitura non sia ingannevole per il consumatore.

Perché l’origine della carne fa la differenza

Non si tratta di nazionalismo alimentare o di chiusura verso i mercati esteri. La questione tocca aspetti concreti che riguardano la sicurezza alimentare, il profilo d’uso degli antibiotici e il benessere animale. Gli allevamenti europei sono regolati da un quadro normativo stringente che include il divieto generale di impiego di ormoni della crescita negli animali destinati alla produzione di alimenti nell’Unione europea e norme severe sull’uso degli antibiotici, vietandone l’impiego sistematico come promotori della crescita e limitandone l’uso alla sola terapia veterinaria.

I regolamenti sulla tracciabilità delle filiere alimentari impongono sistemi di registrazione lungo tutta la filiera produttiva, mentre la normativa sul benessere animale stabilisce requisiti minimi di spazio, condizioni di stabulazione e pratiche consentite. Questi standard, frutto di decenni di evoluzione normativa, definiscono un quadro di tutela relativamente uniforme per il consumatore europeo.

Le carni importate da paesi extra-UE possono provenire da contesti regolamentari differenti. In alcuni paesi esportatori verso l’UE è consentito l’impiego di ormoni o di antibiotici a scopi zootecnici in modo più estensivo rispetto all’Unione europea. Per questo motivo i prodotti importati sono soggetti, al momento dell’ingresso nel mercato europeo, a controlli veterinari ufficiali e a requisiti sanitari specifici fissati dalla legislazione UE e dagli accordi con i paesi terzi. Ciò non significa che tutti i prodotti extracomunitari siano scadenti o insicuri, ma evidenzia una possibile differenza di standard lungo la filiera. Il consumatore ha il diritto di conoscere questi aspetti per poter scegliere in modo informato.

L’offerta come strumento di distrazione

Il momento dell’offerta promozionale è particolarmente favorevole a decisioni rapide e poco analitiche. La ricerca di economia comportamentale ha mostrato che segnali visivi forti, come cartelli di sconto, possono innescare processi decisionali più intuitivi e meno riflessivi, riducendo il tempo dedicato alla lettura delle informazioni di dettaglio in etichetta. In questo contesto, la verifica attenta di origine, ingredienti e modalità produttive tende a passare in secondo piano.

Le strategie di pricing non sono casuali. Le carni provenienti da paesi con costi di produzione inferiori possono essere acquistate a prezzi più bassi rispetto a quelle di provenienza europea o italiana, e questo si riflette spesso sul prezzo finale al consumatore. Analisi di mercato condotte da associazioni dei consumatori in Italia hanno evidenziato differenze di prezzo significative tra salumi realizzati con materie prime certificate di origine italiana ed altri prodotti analoghi senza indicazione specifica di origine della carne. Margini più ampi consentono promozioni aggressive, rendendo questi prodotti molto visibili e competitivi sugli scaffali di supermercati e discount.

Come difendersi: la guida pratica per il consumatore attento

La prima arma di difesa è sviluppare un nuovo approccio all’acquisto. Dobbiamo abituarci a girare la confezione e a cercare attivamente le informazioni presenti, sapendo che per i prodotti a base di carne trasformata l’origine della carne non è sempre obbligatoria, salvo casi specifici come per prodotti con indicazioni geografiche protette o quando l’assenza dell’informazione potrebbe risultare ingannevole rispetto a richiami all’origine presenti sul packaging.

Ecco alcuni indicatori da verificare sistematicamente:

  • Cercare la dicitura specifica “origine della carne” o “Paese di nascita, allevamento e macellazione” quando presente: per le carni fresche è obbligatoria, per i trasformati è facoltativa ma talvolta indicata volontariamente
  • Diffidare delle espressioni generiche come “selezionata per voi” o “secondo tradizione”, che hanno valore puramente commerciale e non forniscono alcuna informazione verificabile su provenienza o metodo di allevamento
  • Prestare attenzione alle sigle dei Paesi come IT, ES, DE, BR: sono abbreviazioni standard, ma possono non essere immediatamente riconoscibili
  • Verificare la presenza del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta): per la Mortadella Bologna IGP, il disciplinare di produzione stabilisce che la lavorazione deve avvenire in specifiche aree del Centro-Nord Italia, con requisiti precisi su ingredienti e processo

Il peso delle scelte collettive

Ogni acquisto rappresenta, in termini economici, una forma di segnale al mercato. Gli studi di economia industriale e marketing mostrano che la domanda di prodotti con caratteristiche certificate come origine, biologico, IGP o DOP può incentivare le imprese a investire di più in trasparenza e qualità, quando il consumatore premia questi elementi anche a fronte di un prezzo leggermente superiore.

La trasparenza non dovrebbe essere un lusso riservato a chi ha tempo e competenze per decifrare etichette complesse, ma uno standard di base in un mercato equo. Per questo, varie associazioni di consumatori e organizzazioni agricole in Italia e nell’Unione europea hanno più volte chiesto un’estensione dell’obbligo di indicazione di origine alle carni impiegate nei prodotti trasformati, proprio per rendere più immediata l’informazione al cliente.

Fino a quando la normativa non imporrà caratteri, posizioni e contenuti ancora più chiari per l’indicazione dell’origine nei prodotti trasformati, spetta ai consumatori far sentire la propria voce sia con le scelte d’acquisto, sia sostenendo richieste di maggiore trasparenza presso istituzioni e aziende. La mortadella resta un prodotto della tradizione gastronomica italiana, riconosciuto anche a livello europeo attraverso la registrazione della Mortadella Bologna IGP dal 1998, che tutela il nome e ne codifica il metodo di produzione. Difendere questa tradizione significa anche pretendere che chi produce e commercializza salumi fornisca informazioni chiare e non fuorvianti su ingredienti, origine e lavorazione. Non si tratta di demonizzare l’importazione, ma di rendere possibile una scelta davvero consapevole, permettendo a ciascuno di decidere cosa portare in tavola sulla base di informazioni complete e verificabili.

Quando compri mortadella controlli da dove viene la carne?
Sempre leggo tutto il retro
Solo se non è in offerta
Mi fido del made in Italy
Mai pensato di controllarlo
Prendo solo Mortadella Bologna IGP

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